E ad un certo punto, dopo aver lavorato con pro del surf, arriva una telefonata: “ciao Zoran, vuoi venire a Tahiti a vedere il Billabong Pro Teahupo’o?”.
Il surf è il mio amore vero, totale, e a partire da Tahiti ho potuto seguire le tappe del World Tour. Le storie sono infinite, gli aneddoti non si contano, i profumi e i colori di Teahupo’o, Peniche, Hossegor, Ericeira, Long Island, indimenticabili.
Parlando di Tahiti, ci arrivammo a mareggiata assente, passammo giornate pigre di chiacchiere coi pro, di interviste e di cene semplici. In camera eravamo in quattro: il responsabile media Billabong, un giornalista francese, il creatore inglese di Magic Seaweed e io, tutti surfisti. Ricordo la quinta notte: mi svegliai di colpo saltando seduto sul letto, gli altri mi guardavano con gli occhi sbarrati, rimanemmo in silenzio fino al boato successivo, assordante. Avevamo capito cosa era successo. Corremmo fuori, verso la spiaggia, anche altri stavano correndo per poi fermarsi, come noi, ammirati di fronte all’Oceano. Sotto la luna piena stavamo assistendo allo spettacolo dell’onda, per me, più bella al mondo, era arrivata la swell e il terreno tremava per la sua potenza.
Il giorno dopo iniziò l’evento, lo seguii dai media boat, accanto al tubo. Fu il ritorno alla vittoria di Andy Irons, l’ultima, prima della sua scomparsa. Ci conoscevamo, ma tengo le sue storie per pochi, davanti a un fuoco, con una chitarra in braccio.
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